Non chiamatela Ciclovia

 


La chiamano "Ciclovia dell'Arno" ma altro non è che una strada bianca esistente in virtù dei renaioli, riesumata e assunta al titolo di pista ciclabile all'epoca del Cioni, facente parte del progetto regionale che vorrebbe creare un percorso pedo-ciclabile dalle sorgenti alla foce dell'Arno, ma che è in ritardo almeno di un decennio sul programma; abbiamo trovato un'interrogazione del 2009 dell'allora consigliere di Rifondazione, Stellacci, che chiedeva lumi sui ritardi per il tratto da Signa a Camaioni. Nonostante le rassicurazioni, la situazione non è cambiata. 

Ma perché non è una ciclovia?

Le ciclabili, oltre a rappresentare un percorso riservato a tale veicolo, dovrebbero essere inserite in un contesto più generale di mobilità alternativa, dovrebbero rappresentare un percorso sicuro e di uso quotidiano. 
Quella dell'Arno, come visibile nelle foto che riportano la situazione attuale, almeno nel tratto dalle Cascine ai Renai non lo è; al massimo può rappresentare un percorso di "sgambatura" per ciclisti della domenica, rigorosamente dotati di mountain bike.





Ovviamente, da novembre a fine marzo, o piove o ghiaccia e, ancora peggio, ghiaccia sul piovuto e quindi non asciuga.


Il tratto da Signa a San Donnino è stato oggetto di un modesto intervento, ma come visibile in queste foto, la situazione resta precaria, in attesa dell'inaugurazione della passerella Badia/San Donnino, che doveva essere inaugurata con i soldi dell'alta velocità, già nel 2000.







A monte di San Donnino, la situazione è, se vogliamo, ancora peggio, dal momento che nessun intervento se non di pulizia, è stato fatto dopo le piene del novembre 2019.



In queste condizioni, è impossibile usare la bicicletta per portarsi a lavoro, salvo che non si sia dotati di uno spogliatoio e doccia che consenta di cambiarsi dopo il percorso in andata e ritorno.

Appare inoltre scontato il fatto che, essendo la strada bianca totalmente assente nell'illuminazione e ben isolata dal centro abitato, per ovvi motivi di sicurezza in senso lato, resta limitata al transito nella fascia oraria dalle 8 alle 16.
Ovviamente, in tali condizioni non è certo presentabile neppure quale percorso turistico; a tutt'altro sono abituati i ciclisti del Nord Italia ed Europa!













C'è inoltre un altro aspetto che è indice di scarsa cura o sciattoneria ma, oserei dire, di ignoranza e scarso senso di responsabilità; mi riferisco alla pericolosità degli accessi regolati da catene, prive queste di ogni elemento di visibilità, tanto che rappresentano un'insidia oggettiva a chi non frequenta quotidianamente il percorso o che comunque non presta la massima attenzione. Abbiamo infatti catene grigie che ben si mimetizzano con il colore del piano di campagna, prive di targhette rifrangenti o, dove esistenti come quello all'accesso da lato Signa, in pessime condizioni. 




Quella forse più pericolosa è la catena posta all'accesso di San Donnino in direzione Firenze, che viene tenuta aperta o chiusa secondo lo stato d'animo dell'operatore che interviene ed è in possesso delle chiavi, ma di scarso senso di responsabilità, a meno che non abbia segnalato al diretto superiore lo stato di fatto.  
Qui sotto le foto in condizioni di luce piena e la mattina al sorgere del sole della catena a monte dell'accesso di San Donnino.

Non conosco l'Ente responsabile della segnaletica, che penso trattasi della Città Metropolitana o del Consorzio, pertanto fatta segnalazione ad entrambi. 


No, non chiamatela ciclabile, magari più consono sentiero o strada bianca, ma ciclabile no.















AGGIORNAMENTO DEL 17/12/2021 ORE 15 --------------------------------------------------------

Durante la mattinata è stata apposto un cartellino rifrangente, purtroppo rivolto al solo accesso! I velocipedi in transito nella pista ciclabile, giungono alla catena e continuano a non trovare nessun dispositivo di segnalazione rifrangente ed ancor meno, nessun cartello che indichi il termine pista ciclabile.

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